venerdì 12 gennaio 2018

Scoprirsi nel confronto con la morte; il canto XI - 10 gennaio

Qualche filo di lettura

È il canto del limite: Ulisse, da vivo, entra nell’Ade per riconoscere nella profezia di Tiresia il senso e la direzione del proprio nòstos.

E, prima di procedere, incontra i Cimmeri, il popolo delle tenebre e dell’oscurità (proprio il contrario della luce dei Campi Elisi riservati agli dei): sembra una prefigurazione del destino finale degli uomini.

Ulisse è "mortale due volte", come lo definirà poi Circe al ritorno dal viaggio nell’Ade: incontra, a partire da Elpenore, alle soglie dell’Ade le anime di coloro che sono stati e, soprattutto, ottiene da Tiresia le indicazioni per evitare sacrilegi ulteriori che possano impedire il suo ritorno ad Itaca, pur dovendo soffrire per gli errori già commessi (soprattutto, l’accecamento di Polifemo).

Tiresia, però, ad Ulisse predice anche un ulteriore viaggio, oltre Itaca, dopo Itaca: ai confini del mondo reale e al di là anche del mondo dell’Odissea, incontrando «uomini che non conoscono il mare né mangiano cibo condito con sale né sanno di baci dalle guance vermiglie o di maneggevoli remi che di navi sono le ali» (123-125).

«Per te la morte verrà dal mare» (θάνατος δέ τοι ἐξ ἁλὸς αὐτῷ;134) o “lontano dal mare”? L’espressione ex halòs nella sua ambiguità apre a una possibile serie di “nuovi destini” per l’Ulisse una volta ritornato ad Itaca.

Anticlea, la madre di Ulisse, gli rivela che è stata la “nostalgia” per la sua assenza la causa principale della morte: Itaca lo attende e, con reazioni diverse, tra cui spicca la fedeltà assoluta di Penelope.

Negli incontri successivi, un “catalogo” di personaggi molto ampio e variegato, la casa di Ulisse si sposa con il mito, operando così una fusione e una “mitizzazione” della propria vicenda. Ulisse è già sulla bocca del popolo greco e le sue vicende, che è lui stesso a cantare mirabilmente alla corte dei Feaci (362-376 ed il tema dell’ascolto del canto, che fa trascorre il tempo nella gioia e nel piacere), fanno da collante per una presentazione del pantheon greco.

Tra le figure grandi nella loro cattiva sorte spiccano Achille e Epicasta; per costei, colpevole dell’assassinio del marito, la responsabilità della “infamia” di cui tutte le donne sono macchiate a causa delle sue azioni (434).

Nell’incontro con Achille la rivelazione: nell’Ade Achille cerca la vita come in vita aveva cercato la morte eroica. Decadono i valori iliadici e il sogno è “essere famiglia” (488-491): «Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei da bracciante servire un altro uomo, un uomo senza podere, che non ha molta roba, piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti.» Per i morti non ci sono beatitudine e gloria; per Ulisse invece il nòstos, eternato nella poesia, costituirà  il significato del suo agire.

Per Ulisse, ancora vivo, l’incontro con le anime dei morti è la possibilità di incontrare il passato edi continuare, grazie a questo incontro, il suo viaggio, che riprenderà, dopo la notte trascorsaall’Ade, giungendo al termine del giorno successivo da Circe.

Due “uscite”
Per chi fosse interessato, due volumi che possono essere elementi di approfondimento del canto.
1) Tommaso Baraccini, Silvia Romani, "Una passeggiata nell’aldilà in compagnia degli antichi”, Einaudi 2017
il più recente saggio sull’escatologia del mondo classico. Che parte proprio da questo XI canto e sviluppa, con citazioni anche di brani poco conosciuti, il sistema delle credenze che gli antichi greci e romani condividevano sull’argomento.
2) Umberto Eco, “La vertigine della lista”, Bompiani 2009
Una delle più originali opere del semiologo che indaga il perché della nostra attitudine a catalogare ed inserire in elenco ordinati tutto (o quasi…). Pagine davvero interessanti quelle dedicate ai cataloghi omerici: bellico e maschile quello dell’Iliade, mitologico e prevalentemente femminile quello dell’Odissea.

La citazione
«È il racconto dell’Odissea, ospita nel canto XI: la Nekya, stria del viaggio dell’eroe di Itaca alle porte del regno infero, oltre le quali si spalanca uno spazio senza tempo e senza geografia in cui i grandi convivono con gli uomini da nulla e gli eroi si aggirano senza menta al fianco dei peccatori puniti. Qui il fantasma inconsistente di Achille, ridotto a un alito di nebbia, può bel rispondere a Odissea, impegnato a elogiarne le gesta e la posizione di primo piano fra i trapassati, che a nulla valgono regni e potere, gloria e battaglie vinte, quando si precipita nel buio mondo dei morti:non provare a rendermi la morte più dolce, dice al signore di Itaca.
Al principio, quindi, c’è l’oscurità angosciosa di una landa priva di bussola e di orientamento: le cortine dell’Oltretomba pagano si aprono con lo sguardo dell’eroe sull’eternità di chi non c’è più».
(Tommaso Baraccini, Silvia Romani, "Una passeggiata nell’aldilà in compagnia degli antichi”, Einaudi 2017)

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