sabato 27 gennaio 2018

«Ma se Odisseo arrivasse...»

(…) οὐ γὰρ ἔπ' ἀνήρ,
οἷος Ὀδυσσεὺς ἔσκεν, ἀρὴν ἀπὸ οἴκου ἀμῦναι.
εἰ δ' Ὀδυσεὺς ἔλθοι καὶ ἵκοιτ' ἐς πατρίδα γαῖαν,
αἶψά κε σὺν ᾧ παιδὶ βίας ἀποτίσεται ἀνδρῶν.
«Perché manca un uomo, qual era Odisseo, per stornare di casa il malanno. Ma se Odisseo arrivasse tornando alla terra paterna, subito con suo figlio castigherebbe le violenze di questi uomini».
(Odissea XVII, 537b-540; trad. F. Ferrari)

La preghiera di Penelope, che attende il ritorno dello sposo, a 20 anni dalla partenza. 

Mercoledì 31 gennaio, penultima tappa del nostro percorso nell’Odissea.

martedì 23 gennaio 2018

Ulisse e il superamento del tempo perduto; il canto XII - 17 gennaio

Qualche filo di lettura
Nell’incontro con le Sirene Ulisse incontra la seduzione del passato; Ulisse è l’oggetto del loro canto ed ascoltarlo avrebbe provocato in lui lo stesso destino che ad altri era capitato: morire e rimanere vicino alle Sirene stesse, orrenda fine di un piacere senza fine. Sono, in un certo qual modo, la “amplificazione” della tentazione dei Lotofagi: dimenticare il presente e far perdurare il passato, questo il rischio che Ulisse vuole correre (perché, non dimentichiamolo, potrebbe anche lui sigillarsi le orecchie come fanno i suoi compagni, ma la tentazione di conoscere è forte…).
L’astuto Ulisse è, nel canto delle Sirene, colui “che è oggetto di molti canti” (πολύαιν’ Ὀδυσεῦ XII, 184): un epiteto nuovo, tutto suo, che lo sollecita all’ascolto. Ma, memore degli ammaestramenti di Circe, Ulisse ascolta ma non cede, ben incatenato dai compagni, che invece non avevano avuto modo di ascoltare la seduzione del canto.
Nel superare l’ostacolo, Ulisse si dimostra il più grande allievo di Achille e del suo insegnamento: non investe sulla gloria del passato ma cerca il ritorno nella casa e nella famiglia; va oltre la dolcezza del piacere del ricordo e affronta presente e futuro per affetto e destini.
Nell’incontro-scontro con Scilla e Cariddi Ulisse sceglie “il male minore”: il sacrificio di sei compagni di viaggio che Scilla chiede a chi passa da quei luoghi. Questo è l’ultimo ostacolo che si frappone con violenza al ritorno di Ulisse ad Itaca.
La scena delle morti dei compagni provoca in Ulisse il moto di compassione maggiore che abbia mai avuto il coraggio di esprimere (XII, 258-59)
Infatti l’approdo all’Isola del Sole vede un divieto infranto, non un attacco ad Ulisse e compagni impegnati sulla via del ritorno. Euriloco, addirittura riprendendo parola per parola l’esordio del discorso di Ulisse, convince i compagni a superare il limite del divieto divino, con la promessa di una futura espiazione.
E sarà questa la causa della sventura di tutti i compagni di Ulisse, che periranno nel viaggio successivo, colpevoli di aver infranto l’unico tabù posto loro dinnanzi nell’ultima delle soste del loro travagliato viaggio.
Il canto si chiude con il ritorno alla domanda di Arete e con l’inizio del racconto, quando Ulisse narra dell’arrivo a Ogigia (VII, 247 sgg.) “ma perché raccontarlo? (…) mi è odioso raccontare di nuovo cose dette per filo e per segno”. (XIII, 450; 452b-453).

La citazione

«Omero ci fa riconoscere Odisseo come una persona, come essere umano con la propria storia, le proprie esperienze e i propri sentimenti. Alla ricostruzione del suo passato, a ciò che Proust chiamerebbe “una ricerca del tempo perduto”, Omero e Odissea dedicano i successivi quattro libri del poema (9-12): i quali, quanto al riconoscimento dell’identità dell’eroe, hanno la forma di una V, all’inizio della quale Odisseo è ancora l’eroe greco che ha distrutto Troia, mentre al fondo è, letteralmente, nessuno, e alla fine inizia a riacquistare la propria personalità».
Boitani P., Riconoscere è un dio, Einaudi, Torino 2014, p. 74

Spaesato, (benché) a casa propria.

(…) ὁ δ' ἔγρετο δῖος ‘Oδυσσεὺς
εὕδων ἐν γαίῃ πατρωΐῃ, οὐδέ μιν ἔγνω,
ἤδη δὴν ἀπεών (...)
«E intanto si destò il nobile Odisseo che dormiva sulla terra paterna dopo che a lungo era stato lontano, ma non la riconobbe.»
(Odissea XIII, 187b-189a; trad. F. Ferrari)
Spaesato, (benché) a casa propria.
Da domani sera, con Ulisse, inizieremo e ripercorrere luoghi e riconoscere persone della petrosa Itaca, da lui abbandonata da tempo.

venerdì 12 gennaio 2018

Superare il passato

  1. Σειρήνων μὲν πρῶτον ἀνώγει θεσπεσιάων
    φθόγγον ἀλεύασθαι καὶ λειμῶν’ ἀνθεμόεντα.
    οἶον ἔμ’ ἠνώγει ὄπ’ ἀκουέμεν· ἀλλά με δεσμῷ
    δήσατ’ ἐν ἀργαλέῳ, ὄφρ’ ἔμπεδον αὐτόθι μίμνω,
    ὀρθὸν ἐν ἱστοπέδῃ, ἐκ δ’ αὐτοῦ πείρατ’ ἀνήφθω.
    εἰ δέ κε λίσσωμαι ὑμέας λῦσαί τε κελεύω,
    ὑμεῖς δὲ πλεόνεσσι τότ’ ἐν δεσμοῖσι πιέζειν.

    «Anzitutto ci esorta a fuggire il canto
    e il prato fiorito delle divine Sirene.
    Esortava che ne udissi io solo la voce. Legatemi dunque
    in un nodo difficile, perché lì resti saldo,
    ritto sulla cassa dell’albero: ad esso sian strette le funi.
    Se vi scongiuro e comando di sciogliermi,
    allora dovete legarmi con funi più numerose».
    (Odissea XII, 158-164; trad. G.A. Privitera)

    Il canto delle Sirene non è in sé un canto mortale: lo diventa perché fuori dalla portata dell’uomo, perché – soprattutto per Ulisse, che ne è contemporaneamente soggetto e destinatario –  fa perdurare il passato e nega il presente.
    Mercoledì prossimo, il 17 gennaio, Ulisse sarà alle prese con le seduzioni del piacere.

Scoprirsi nel confronto con la morte; il canto XI - 10 gennaio

Qualche filo di lettura

È il canto del limite: Ulisse, da vivo, entra nell’Ade per riconoscere nella profezia di Tiresia il senso e la direzione del proprio nòstos.

E, prima di procedere, incontra i Cimmeri, il popolo delle tenebre e dell’oscurità (proprio il contrario della luce dei Campi Elisi riservati agli dei): sembra una prefigurazione del destino finale degli uomini.

Ulisse è "mortale due volte", come lo definirà poi Circe al ritorno dal viaggio nell’Ade: incontra, a partire da Elpenore, alle soglie dell’Ade le anime di coloro che sono stati e, soprattutto, ottiene da Tiresia le indicazioni per evitare sacrilegi ulteriori che possano impedire il suo ritorno ad Itaca, pur dovendo soffrire per gli errori già commessi (soprattutto, l’accecamento di Polifemo).

Tiresia, però, ad Ulisse predice anche un ulteriore viaggio, oltre Itaca, dopo Itaca: ai confini del mondo reale e al di là anche del mondo dell’Odissea, incontrando «uomini che non conoscono il mare né mangiano cibo condito con sale né sanno di baci dalle guance vermiglie o di maneggevoli remi che di navi sono le ali» (123-125).

«Per te la morte verrà dal mare» (θάνατος δέ τοι ἐξ ἁλὸς αὐτῷ;134) o “lontano dal mare”? L’espressione ex halòs nella sua ambiguità apre a una possibile serie di “nuovi destini” per l’Ulisse una volta ritornato ad Itaca.

Anticlea, la madre di Ulisse, gli rivela che è stata la “nostalgia” per la sua assenza la causa principale della morte: Itaca lo attende e, con reazioni diverse, tra cui spicca la fedeltà assoluta di Penelope.

Negli incontri successivi, un “catalogo” di personaggi molto ampio e variegato, la casa di Ulisse si sposa con il mito, operando così una fusione e una “mitizzazione” della propria vicenda. Ulisse è già sulla bocca del popolo greco e le sue vicende, che è lui stesso a cantare mirabilmente alla corte dei Feaci (362-376 ed il tema dell’ascolto del canto, che fa trascorre il tempo nella gioia e nel piacere), fanno da collante per una presentazione del pantheon greco.

Tra le figure grandi nella loro cattiva sorte spiccano Achille e Epicasta; per costei, colpevole dell’assassinio del marito, la responsabilità della “infamia” di cui tutte le donne sono macchiate a causa delle sue azioni (434).

Nell’incontro con Achille la rivelazione: nell’Ade Achille cerca la vita come in vita aveva cercato la morte eroica. Decadono i valori iliadici e il sogno è “essere famiglia” (488-491): «Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei da bracciante servire un altro uomo, un uomo senza podere, che non ha molta roba, piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti.» Per i morti non ci sono beatitudine e gloria; per Ulisse invece il nòstos, eternato nella poesia, costituirà  il significato del suo agire.

Per Ulisse, ancora vivo, l’incontro con le anime dei morti è la possibilità di incontrare il passato edi continuare, grazie a questo incontro, il suo viaggio, che riprenderà, dopo la notte trascorsaall’Ade, giungendo al termine del giorno successivo da Circe.

Due “uscite”
Per chi fosse interessato, due volumi che possono essere elementi di approfondimento del canto.
1) Tommaso Baraccini, Silvia Romani, "Una passeggiata nell’aldilà in compagnia degli antichi”, Einaudi 2017
il più recente saggio sull’escatologia del mondo classico. Che parte proprio da questo XI canto e sviluppa, con citazioni anche di brani poco conosciuti, il sistema delle credenze che gli antichi greci e romani condividevano sull’argomento.
2) Umberto Eco, “La vertigine della lista”, Bompiani 2009
Una delle più originali opere del semiologo che indaga il perché della nostra attitudine a catalogare ed inserire in elenco ordinati tutto (o quasi…). Pagine davvero interessanti quelle dedicate ai cataloghi omerici: bellico e maschile quello dell’Iliade, mitologico e prevalentemente femminile quello dell’Odissea.

La citazione
«È il racconto dell’Odissea, ospita nel canto XI: la Nekya, stria del viaggio dell’eroe di Itaca alle porte del regno infero, oltre le quali si spalanca uno spazio senza tempo e senza geografia in cui i grandi convivono con gli uomini da nulla e gli eroi si aggirano senza menta al fianco dei peccatori puniti. Qui il fantasma inconsistente di Achille, ridotto a un alito di nebbia, può bel rispondere a Odissea, impegnato a elogiarne le gesta e la posizione di primo piano fra i trapassati, che a nulla valgono regni e potere, gloria e battaglie vinte, quando si precipita nel buio mondo dei morti:non provare a rendermi la morte più dolce, dice al signore di Itaca.
Al principio, quindi, c’è l’oscurità angosciosa di una landa priva di bussola e di orientamento: le cortine dell’Oltretomba pagano si aprono con lo sguardo dell’eroe sull’eternità di chi non c’è più».
(Tommaso Baraccini, Silvia Romani, "Una passeggiata nell’aldilà in compagnia degli antichi”, Einaudi 2017)

domenica 7 gennaio 2018

A Homer Commentary in Progress

Segnalo una piacevole ed inattesa scoperta: il "commentario aperto" sulle opere omeriche che un gruppo di studiosi americani ha recentemente avviato. Per chi si voglia cimentare nel confronto e nell'approfondimento, molti dei passi dell'Odissea su cui ci siamo soffermati ottengono ulteriore illuminazione dagli spunti che qui si possono trovare. 
Ma, e lo sottolineo, davvero è interessante notare la modalità di azione di questo gruppo di studiosi: il commentario si struttura come una sorta di "gruppo di lettura" online, con forte attenzione alla dimensione antropologica dei contenuti dell'opera omerica.
Beh, fatte le necessarie e debite proporzioni, è bello pensare che stiamo affrontando insieme il testo dell'Odissea con i medesimi principi ispiratori.

martedì 2 gennaio 2018

Oltre Itaca

αὐτὰρ ἐπὴν μνηστῆρας ἐνὶ μεγάροισι τεοῖσι
κτείνῃς ἠὲ δόλῳ ἢ ἀμφαδὸν ὀξέϊ χαλκῷ,
ἔρχεσθαι δὴ ἔπειτα, λαβὼν εὐῆρες ἐρετμόν,
εἰς ὅ κε τοὺς ἀφίκηαι, οἳ οὐκ ἴσασι θάλασσαν
ἀνέρες οὐδέ θ ἅλεσσι μεμιγμένον εἶδαρ ἔδουσιν
οὐδ᾿ ἄρα τοί γ᾿ ἴσασι νέας φοινικοπαρῄους, 
οὐδ᾿ εὐήρε᾿ ἐρετμά, τά τε πτερὰ νηυσὶ πέλονται.

«...e quando, nelle tue case, i pretendenti li hai sterminati,
con l’inganno o a fronte con l’aguzzo bronzo,
prendi allora il maneggevole remo e va’,
finché arrivi da uomini che non sanno
del mare, che non mangiano cibi conditi col sale,
che non conoscono navi dalle gote purpuree
né i maneggevoli remi che sono per le navi le ali.»

(Odissea XI, 119-125; trad. G.A. Privitera)


…e Tiresia profetizza ad Ulisse, che ancora non è tornato ad Itaca, la sua futura ripartenza per una terra inesplorata, fuori dal mondo di Ulisse e dell'Odissea.
Di questo e della visita nell’Ade parleremo nel prossimo incontro, il 10 gennaio.

Ulisse, cura anti apatia

Varrebbe la pena di leggere questo intervento di Alessandro d'Avenia , che rimescola attualità e passato. E lancia una proposta per un...