Qualche filo di lettura
Il canto ha la medesima struttura del precedente: due incontri brevi ed uno ampio e ben sviluppato.
L’orrore superato dell’incontro con il Ciclope si stempera nel paesaggio fiabesco dell’incontro con Eolo (X 1-13), la cui ospitalità sembra essere in antitesi con quella di Polifemo. Dalla perfezione dell’isola, Ulisse è escluso: si tratta di una struttura pressoché autarchica, che non ammette novità.
L’ospitalità originaria di Eolo si tramuta però in una cacciata: il favore degli dei non arride ad Ulisse e, quindi, nemmeno può arridere a chi lo ospita. Eolo “cambia segno”: passa dal “tutto ospitale” a colui che maledice chi sta tornando sui suoi passi per un proprio errore.
È la curiosità dei compagni, desiderosi di conoscere il contenuto dell’otre dei venti, regalato da Eolo, a causare l’interruzione del viaggio di ritorno, rendendo così tutto il gruppo inviso agli dei.
Nell’incontro con i Lestrigoni l’impianto è simile a quello con i Ciclopi: la sosta (e messa in sicurezza di una nave) in un’isola vicina, la scoperta di creature gigantesche, inospitali e violente.
Solo la prudenza di Ulisse consente di ripartire per il viaggio; il resto della flotta viene annientata da giganti che, diversamente dai Ciclpoi, hanno però una società organizzata, si muovono in gruppo e, sommo orrore, si nutrono di uomini come se questi fossero pesci (X 124).
Circe, come Eolo, è un personaggio “doppio”, perché entrambi sono caratterizzati dal cambiamento di atteggiamento nel loro ruolo di ospite nei confronti degli uomini ospitati. Eolo è inizialmente ospitale e diventa ostile in un secondo momento; Circe, al contrario, dapprima è ostile e nemica (gli uomini che vengono accolti da lei sono poi sottoposti a una tremenda metamorfosi: vengono mutati in animali), mentre in seguito darà le indicazioni perché Odisseo possa compiere il viaggio nel regno dei Morti. Diventa, in questo secondo momento, il simbolo stesso dell’ospitalità e dei rischi che essa fa correre.
Circe tramuta in animali chiunque incontri. Solo Odisseo, per l’aiuto di un dio che gli anticiperà i pericoli indicandogli il modo per sottrarvisi, si salva dall’ingannο che Circe opera costantemente e quasi automaticamente.Gli incantesimi di Circe segnano un'ulteriore tappa dell’incontro con la non-umanità che è stata operata da Odisseo e dai compagni con Ciclopi e Lestrigoni: la trasformazione non è morte, ma è la perdita dei propri tratti esteriori distintivi e benché rimanga un briciolo di coscienza, si assumono le forme di animali, inferiori. Qui non si tratta solo di un cibo magico, come quello che i Lotofagi offrono senza cattive intenzioni agli stranieri: assumendo dei φάρμακα oltre al cibo, i compagni dimenticano la loro patria: si cancella il ricordo del loro passato e viene sepolta la coscienza della propria identità. Ma, e questo è significativo, il νοῦς (mente) di ciascuno resta ἔμπεδος (saldo).
L’incontro con Circe marca anche, e proprio grazie a questo intervento, il cambio di segno delle avventure di Odisseo che sono state vissute, finora, nella sorpresa e nell’aspettativa dell’inatteso mentre diventano, d’ora in avanti, vicende cui Odisseo si prepara, permettendoci di incontare non più la capacità di rispondere alle sorprese ma le preventive riflessioni e valutazioni dell’eroe.
Ed è Circe a svelare l’identità di Odisseo –un’identità che l’eroe ha cercato gelosamente di conservare durante tutte queste peripezie–, una volta superati i tre inganni (una pozione magica, il tocco della verga, il letto) che la maga gli aveva ordito.
La profezia della venuta di Odisseo s’è compiuta: la profezia è memoria e, proprio per questo, come tutto il passato nell’Odissea ha forza cogente. Sembra che la venuta di Odisseo sia scritta nella storia e che sia prefigurato l’arrivo dell’uomo greco, emblema e simbolo di giustizia e misura.
Dopo aver trascorso un anno in liete libagioni, sono i compagni a rimproverare Ulisse che sembra essersi dimenticato della via del ritorno: Ulisse chiede dunque a Circe di poter partire: Circe acconsente, prefigurandogli la tappa successiva. Circe, in questo modo, prosegue l’ideale staffetta iniziata da Hermes. Un aiuto divino, quello di Hermes, ha consentito a Ulisse di superare la prima delle tappe del viaggio di Ulisse in cui l’eroe ed i suoi compagni non si erano più confrontati con uomini ed esseri straordinari. L’incontro con creature eterne non può basarsi sulle sole forze e sulla sola intelligenza di Ulisse.
La citazione
«Ulisse è l’eroe giusto per i tempi di crisi. Uno che sa cavarsela in ogni situazione, che riesce a inventarsi vie d’uscita inattese quando ormai sembra non esserci più scampo. [….] L’Ulisse di Omero voleva innanzitutto tornare a casa: ritrovare la moglie, il figlio, il focolare. Voleva uscire dal mondo delle favole e rientrare in quello degli uomini.[…]Ulisse è l’eroe dell’intelligenza pratica, capace di trovare di volta in volta la soluzione concreta a problemi concreti».
(Giorgio Ieranò, Gli eroi della guerra di Troia, Venezia, Sonzogno, 2015, p. 135)
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