Qualche filo di lettura
È durante il banchetto che Odisseo torna ad essere sé stesso: svela il proprio nome e recupera l’identità di uomo alla ricerca di sé e della propria terra. Scheria, l’isola dei Feaci, è in un certo qual modo la mediazione tra l’attività frenetica che lo attenderà ad Itaca e l’annichilimento quasi totale che l’aveva contraddistinto ad Ogigia, tappa precedente.
E, in questo canto, Ulisse è l'uomo dell'inganno, il tessitore abile di trame che salvano dai pericoli si parte dall'Ulisse polymetis (πολύμητις) per "tornare" poi al polytropon (πολύτροπον); in un certo senso, si può dire che in questo canto, benché si inizi la trattazione delle peripezie di Ulisse, il protagonista compare più nelle sue caratteristiche di eroe dell'Iliade che dell'Odissea.
I Ciconi sono oggetto di pirateria da parte dei Greci (qualcosa di simile a quanto accadeva durante le colonizzazioni?) e sono socialmente organizzati.
Capo Maleo segna il confine non valicabile da parte dei comuni mortali, che corre fra mondo reale e mondo irreale11. Nestore, simbolo della pietas, l’aveva attraversato senza problemi; per Ulisse inizia invece da qui il cammino nello spazio non umano, all’interno del quale potrà rientrare solo grazie all’aiuto dei Feaci, simili agli dei.
L’incontro con i Lotofagi segna l’inizio del mondo dell’oblio e della dimenticanza; superato il capo
Maleo si entra in un mondo aklees, privo di gloria, generalmente non coltivato e spesso privo di
dimensioni di socialità. La breve avventura
inizia il tema delle tentazioni e della seduzione della perdità dell’identità: chi mangia il loto
sembra perdere lo scopo della vita, la meta del viaggio da percorrere.
Nell'incontro con i Ciclopi Omero tratteggia un "non-mondo": la descrizione nasce per via negationis e cerca di suscitare da subito la consapevolezza dell’alterità di cui Ulisse è portatore rispetto a queste creature.
Nell'incontro con i Ciclopi Omero tratteggia un "non-mondo": la descrizione nasce per via negationis e cerca di suscitare da subito la consapevolezza dell’alterità di cui Ulisse è portatore rispetto a queste creature.
Il mondo dei Ciclopi è un mondo chiuso: vivono sparsi per isole che non coltivano, sono incapaci di
relazioni e di costruire legami: la loto vita è, in sostanza, la negazione dei valori che costituiscono
invece la dimensione associativa delle comunità greche.
Il tema dell’avvio della ricerca di Ulisse parte da qui; se rimanere sull’isoletta irraggiungibile dai
Ciclopi sarebbe stata la scelta di molti dei compagni di Ulisse, il suo statuto di eroe, che si
manifesta anche nell’incontro con Polifemo si evidenzia in questo passaggio: si passa dall’eroe che
subisce le vicende all’eroe che ne diventa parte attiva e si fa motore dell’azione.
Tutto l’episodio è segnato dal tema del nascondimento: la luna è, all’inizio del racconto, nascosta
dalle nuvole; l’isola cui Odisseo e i compagni sono approdati era difficile da scorgere; le navi
approdano ma il buio le nasconde alla vista; Ulisse nasconde, tacendolo, il suo nome.
dalle nuvole; l’isola cui Odisseo e i compagni sono approdati era difficile da scorgere; le navi
approdano ma il buio le nasconde alla vista; Ulisse nasconde, tacendolo, il suo nome.
È grazie al vino, usato oltre misura, che però si avvia la soluzione della vicenda; l’esperienza della
bevanda offertagli da Ulisse, il vino di Ismaro, stimola Polifemo a un confronto tra le produzioni
della propria terra e quella degli infelici ospiti.
Compiuto l’accecamento, nascostosi anche alla vista, Ulisse rimarca a Polifemo i motivi per cui,
giustamente, l’ordine viene ristabilito con la sua punizione: l’aver infranto spudoratamente
l’ospitalità (peraltro superbamente irrisa) è la causa prima della situazione di cui Polifemo si
lamenta. Ulisse ha punito Polifemo in nome dei valori della civiltà che lui rappresenta.
E, in una sorta di sigillo finale, Ulisse rivendica l’impresa ed il pericolo superato, chiedendo al
Ciclope di prolungare nel tempo la gloria di un’azione, compiuta con l’astuzia e non con la forza.
La citazione
«Se Odisseo, confrontandosi a dei, maghi e al regno della morte definisce cos’è
l’uomo e la sua umanità rispetto al divino e alla morte, confrontandosi al Ciclope
definisce l’uomo sociale e civile in confronto con quello selvaggio»».
(P. Pucci, L’io e l’altro nel racconto di Odisseo sui Ciclopi, in «Studi Italiani di Filologia Classica» 86,
1993, p. 27 )
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